La danza, l’arte, il gioco della sabbia come mezzi per aiutare i bambini con Mutismo Selettivo

La danza, l’arte, il gioco della sabbia come mezzi per aiutare i bambini con Mutismo Selettivo
di Dott.ssa Daniela Lavermicocca

Il 14 Novembre si è tenuto a Bari il “Seminario sul Mutismo Selettivo”al quale ho preso parte in qualità di relatrice.
Per l’occasione ho presentato un video in cui si mostrava il mio intervento pedagogico clinico nei confronti di una bambina di
nome Emanuela che ho seguito per un anno e mezzo sia nel mio studio che presso l’Istituto “Aristide Gabelli” di Santo Spirito
(Bari).

Analisi storica di Emanuela
Emanuela all’età di 8 anni si è presentata presso il mio studio, con la diagnosi di Mutismo Selettivo. Secondogenita,
proveniente da una famiglia di ottime condizioni economiche e culturali. I genitori l’hanno descritta come vivace a casa ma
molto timida con gli estranei e con alcuni componenti della famiglia. La bambina già all’età di tre anni ha presentato questo
disagio a scuola, a causa di scene di violenza da parte della maestra della scuola dell’infanzia contro i bambini. I genitori
vedendo atteggiamenti aggressivi e notando questo forte silenzio sia a scuola che con alcuni famigliari, hanno mosso i primi
passi verso l’osservazione da parte di un neuropsichiatra infantile ASL che ha diagnosticato il Mutismo Selettivo.
Successivamente, i genitori, si sono mossi cambiando scuola. Nel nuovo istituto la bambina ha trovato un ambiente più
confortevole, insegnanti più umane e vicine a lei, anche se il suo silenzio era sempre più forte. L’ingresso nella Scuola Primaria
è stato positivo perché, ha trovato insegnanti che hanno cercato di aiutarla, senza forzala a parlare. Inizialmente la mamma,
essendo Educatrice, ha svolto lei delle attività con la bambina, utilizzando la strategia dei gettoni come rinforzo per stimolarla
a relazionarsi, ottenendo alcuni risultati sia a scuola che in ambiente familiare, anche se la bambina non riusciva a sbloccarsi.
Le insegnanti verso il secondo quadrimestre scolastico hanno richiesto la figura dello specialista, a questo punto i genitori si
sono mossi nel richiedere aiuto al referente dell’associazione A.I.Mu.Se Puglia.

Intervento Pedagogico Clinico
Come per ogni problematica l’intervento rivolto all’aiuto di un bambino/a con un disagio comportamentale di “mutismo
selettivo” richiede molta attenzione e cura.
È indispensabile, come primo passo, entrare in sintonia con il soggetto e per raggiungere tale scopo è importante riuscire a
fargli capire che l’aiuto dello specialista è rivolto a superare paure e traumi senza l’urgente esigenza di obblighi comunicativi
verbali. Nell’immediato è sufficiente comunicare col corpo in quanto anche esso parla e racconta la propria storia.
Infatti la parola come mezzo di comunicazione è l’ultimo traguardo da raggiungere poiché essa sarà il risultato del
superamento delle esperienze negative che hanno scatenato il disagio. In riferimento ad Emanuela l’esperienza negativa da
superare era collegata alla scuola dell’infanzia.
In questi casi non bisogna agire su ciò che è visibile in superficie ma, su ciò che è visibile nel mondo emotivo di ciascun essere
umano. Quindi, per poter scorgere la vita nel mondo emotivo di Emanuela ho dovuto cercare un legame di fiducia con la
bambina e con la sua famiglia, poiché l’intervento va esteso su tutta la famiglia e su tutti i soggetti che ruotano intorno a colui
che vive un disagio.
A tale scopo, nel mio studio, ho svolto attività creative artistiche e motorie richiedendo l’intervento della famiglia in modo
particolare della mamma e della sorella di Emanuela. Il lavoro ha prodotto come frutto il rafforzamento del legame familiare e
ha fatto nascere un legame tra la famiglia e me. Esso ha anche reso possibile una reale consapevolezza della sofferenza vissuta
della bambina, sfociata in un sentimento di empatia.
Come già accennato il mio intervento ha tenuto conto dell’importanza fondamentale del movimento del corpo come
strumento di espressione di sé, di linguaggio e mezzo di comunicazione.
L’atto del muoversi “…è un modo di relazione dell’individuo con l’ambiente, è la proiezione automatica o cosciente di una immagine
mentale, è l’espressione di un processo psichico diretto ad un fine” (Zanibelli 1978)
Lavorare col corpo è fondamentale perché con il corpo si parla, si scrive, si disegna, si esprime il proprio sé, le proprie gioie e
paure.
La capacità dello specialista sta nel riuscire a cogliere i messaggi che non vengono prodotti vocalmente dal soggetto ma si
captano dal suo mondo interiore.
Il lavoro con la famiglia ha avuto una durata di due mesi. Quando Emanuela ha iniziato a sentirsi a suo agio con me e siamo
entrati in sintonia, si è proceduto a svolgere un lavoro uno a uno; naturalmente, nel frattempo, la famiglia è stata
costantemente seguita e ascoltata.
Al fine di far acquisire alla bambina sicurezza, accettazione di sé, autostima, riscoperta delle proprie abilità, comprendere se
stessa e il suo valore, sono state inserite attività di rinforzo ergico, di rafforzamento dell’aria oro-boccale, di respirazione, di
rilassamento tonico-muscolare.
Il disegno è un ottimo strumento supplementare per la comunicazione non verbale. Dopo mesi di lavoro continuo con
l’utilizzo di tale strumento ho potuto procedere a gradi all’impiego di attività di movimento della bocca rivolte in primo grado
a riprodurre l’atto del parlare senza l’emissione di suono, in secondo grado all’emissione di vocali o parole, in terzo grado si è
arrivati al riprodurre frasi silenziose. È stato associato al movimento labiale il movimento del corpo: cantare senza emettere
suoni associato all’attività fisica.
In aggiunta ho utilizzato come mezzo di comunicazione la scrittura: la bambina scriveva alla lavagna ciò che voleva
raccontarmi ed io leggevo a voce alta il suo scritto.
Durante l’intervento pedagogico clinico ho utilizzato giochi da tavolo di vario genere per creare un legame di scambio
comunicativo e di divertimento atto a scaricare ulteriormente la tensione.
Il clima in cui si lavora deve necessariamente risultare rassicurante perché in tal caso si riuscirà a mettere il soggetto a suo
agio per poterlo condurre alla parola.
Tra le varie attività ho inserito un ulteriore strumento che per Emanuela si è rivelato un elemento di contatto di fondamentale
aiuto, in quanto l’ha portata a parlare con me e successivamente con le insegnanti: “Il Gioco della Sabbia”.
“Il Gioco della Sabbia” è stato creato da Dora Kalff allieva di Jung. La sabbia, materiale disponibile e accogliente, ha una grande
attrattiva innata sia sui bambini che sugli adulti e ciò la collega al suo valore archetipico di terra. La sabbia ha una notevole
capacità di risposta, i segni impressi su di essa rimandano al giocatore delle risposte diverse, anche in base al suo essere
asciutta o bagnata; anche i segni violenti e distruttivi, trovano risposta in essa e possono essere espressi senza distruggere o far
scomparire la sabbia.
In natura la sabbia nasce da secoli di logoramento e polverizzazione delle rocce ed è formata da un’infinità di granelli, che, nel
loro insieme, al tatto danno un senso di morbidezza e cedevolezza.
La sabbia crea le spiagge, al confine tra la terra, radice dell’umano e il mare, come inconscio collettivo, e i deserti, luoghi
simbolo di un percorso interiore.
Tutto ciò che viene creato con la sabbia svanisce, cambia forma, è soggetto alle trasformazioni provocate dal vento, dall’acqua,
dai passi che la percorrono. Per tali motivi è l’emblema degli effetti del tempo e delle influenze esterne, ma, nello stesso
tempo, anche della resistenza e dell’adattabilità. (kalff D. (1966 “Il Gioco della Sabbia e la sua azione terapeutica sulla psiche”,
Edizioni OS, Firenze).
La terapia della Sand Play è un lavoro pratico, corporeo, ludico, verbale, silenzioso, emozionale, esperienziale, evolutivo,
relazionale, simbolico.
Il mio intervento con la sabbia non ha preso in considerazione la tecnica presentata dalla Kalff, ma il concetto secondo il quale
ciò che non è espresso con la bocca viene espresso attraverso il tracciare dei segni sulla sabbia. Il bambino/a gioca liberamente
con essa, muovendo le mani per trovare la sua sicurezza e forza attraverso un lavoro di rilassamento e contrazione muscolare.
Guidati dalla musica portano la mente a vagare e a pensare al proprio essere, per giungere a lasciare sulla sabbia un segno che
rappresenta il proprio vissuto. Nei vari incontri di lavoro in cui il soggetto da solo gioca con la sabbia, si introduce l’altro che
può essere il terapista e poi le figure che creano maggiore ansia al bambino/a. I due interagiscono fino a creare un contatto tra
le mani, si intrecciano gli sguardi, le espressioni del viso. Pian piano si rafforza il legame tra i due “interlocutori” ed è possibile
così passare alla fase successiva che chiede di tracciare dei segni sulla sabbia non con le mani ma con il movimento delle
labbra: lo specialista dice delle parole e l’altra parte le ripete, fino ad arrivare a frasi e giungere all’utilizzo della voce.
All’inizio si tratta solo di sibili che poi conducono al normale tono di voce.
Dopo aver presentato un Programma individuale al dirigente scolastico e agli insegnanti, Il mio intervento è stato completato
lavorando in classe di Emanuela.
Lo scopo di tale intervento era rivolto a condurre Emanuela a provare uno stato di benessere all’interno dell’ambiente
scolastico, sia con i compagni che con i docenti.
Lo stato di benessere consequenziale all’armonia, al rispetto, alla complicità creata, ha donato alla bambina quel sorriso
inesistente all’inizio dell’intervento.
La bambina in classe era apatica, non sorrideva, dava risposte attraverso cenni del capo solo se chiamata dai compagni o dalle
insegnanti altrimenti rimaneva immobile e guardava nel vuoto.
Con le attività di gruppo in cui sia insegnanti che alunni si sono messi in gioco trascorrendo un’ora scolastica in divertimento
che li vedeva uniti, Emanuela ha trovato la sua armonia con il sistema classe, ha iniziato a vedere sia i compagni che le
insegnanti come persone amiche e non degli elementi di ansia.
Inizialmente si sono svolte in silenzio attività di movimento corporeo, di disegno, di rilassamento. Sono state inserite nuove
tecniche di interrogazioni con l’utilizzo di cartellini, consegnati sia ai compagni che ai docenti, contenenti le risposte alle
domande relative alla disciplina interessata alle quali dovevano dare una risposta senza parlare. Pian piano la bambina in
classe ha iniziato a parlare con i compagni per poi comunicare con tutti.
Le insegnanti si sono rese disponibili nello svolgimento di attività estive nel mio studio con la bambina allo scopo di
rafforzarne il legame. In estate, attraverso il gioco con la sabbia Emanuela ha comunicato con tutte le insegnanti e all’inizio del
nuovo anno scolastico (classe IV) all’ingresso è riuscita a comunicare anche con docenti supplenti senza problemi.
Sono le persone che vengono nello studio dello specialista a far capire qual è lo strumento che serve a dar loro il coraggio di
parlare, non ci sono strategie uniche, bisogna saper ascoltare e porsi in contatto con il loro mondo silenzioso per capire quale
strada intraprendere e seguirla.

Conclusioni
Oggi Emanuela parla con tutti, è una bambina partecipe alle attività scolastiche ed è una bambina felice di far sentire la sua
voce.
Il lavoro a scuola è stato di grande aiuto, ma soprattutto la grande ed encomiabile partecipazione dei compagni e delle
insegnanti. La loro azione ha permesso un ottimo risultato al percorso di intervento.
Con questo articolo vorrei dare un messaggio di speranza alle famiglie che vivono con figli che presentano lo stesso disagio
vissuto da Emanuela. È indispensabile non abbattersi perché, anche se richiede tempi lunghi, il giusto intervento può rendere
risolvibile il silenzio di questi bambini.
Vorrei concludere il mio intervento sull’esperienza svolta su una frase pronunciata dalla bambina alla conclusione del
percorso: “Finalmente ho riacquistato la mia voce, ora mi sento libera di esprimere il mio pensiero a tutti. Mi sento come un uccello che
dopo essere stato chiuso in gabbia ha riavuto la sua libertà, e questa libertà è la forza di parlare per me”.
Dott.ssa Lavermicocca Daniela
Pedagogista Clinico, Educatrice Professionale

Bibliografia
 kalff D. “Il Gioco della Sabbia e la sua azione terapeutica sulla psiche”, 1966, Edizioni OS, Firenze
 Anna Pesci – Guido Pesci, “Linguaggio strategie di intervento–Metodo Ritmo Fonico, Metodo Vibro Tattile, Metodo Coreografia
Fonetica, Metodo Linguaggio – Azione”, 2014, Edizioni Scientifiche Isfar srl.
 Zanibelli G., “Elementi Fondamentali di Psicomotricità”, 1978, Piccin, Padova