PILLOLE di PARENT TRAINING. I Killer dell’autostima: i giudizi e le parole a tutti i costi

La volta scorsa abbiamo parlato di autostima e dei suoi killer. I più spietati sono 6, oggi ci soffermiamo sul n. 2 e sul n. 3.

Killer N. 2: I GIUDIZI

I bambini e i ragazzi a casa possono, di loro iniziativa o se stimolati, mettersi a raccontare un accaduto. Per esempio un diverbio a scuola, il genitore che ascolta potrebbe ad un certo punto essere tentato di intervenire con giudizi riferiti al comportamento assunto da uno o da tutti gli attori della storia, ecco, questo giudicare può essere l’inizio della fine.

Occorre però fare una puntualizzazione. È normale che un adulto abbia una visione più ampia rispetto a quella di un bambino o di un ragazzo, perché ha maggiori esperienze, ha una capacità di riflessione più articolata e poi, essendo al di fuori dell’evento narrato, è probabile che assuma una prospettiva di osservazione migliore, questo però anziché produrre buoni risultati, spesso fa da linfa proprio ad un tipo di giudizio che andrebbe invece evitato. Si tratta infatti molte volte di commenti che richiamano un torto ed una ragione, un giusto e uno sbagliato, un si fa e un non si fa e che, pur essendo frutto di un’ottima intenzione, di fatto si trasformano nelle pallottole dell’arma che il killer n.2 scarica contro l’autostima e noi tutti sappiamo bene, soprattutto quando si tratta di mutismo selettivo, quanto l’autostima sia fondamentale.

Sovrapporsi, minimizzare, criticare, fare la predica, offrire soluzioni, ridicolizzare, comandare, ammonire, cambiare argomento, salvare, anticipare ecc. sono tutti comportamenti verbali che ottengono il solo risultato di bloccare la comunicazione e far passare messaggi di disistima.

Contro questo killer funzionano solo due antidoti pratici: la riformulazione (ossia la traduzione con parole nostre di quello che abbiamo capito) e l’empatia (ossia sintonizzarci prima e verbalizzare poi quali emozioni noi stiamo provando mentre ascoltiamo, e che immaginiamo possa avere provato anche chi ci sta parlando).

Nel caso dei soggetti con mutismo selettivo il giudizio sul loro fare o non fare, parlare o non parlare, è particolarmente invalidante, motivo per cui riformulare e soprattutto essere empatici, divengono azioni indispensabili, fulcri su cui si muove la delicata leva della relazione.

Killer  n. 3: LE PAROLE A TUTTI I COSTI

Moltissime fasi della crescita hanno bisogno di comunicazione non verbale, invece purtroppo spesso gli adulti si comportano come se le parole fossero le uniche preposte a passare informazioni ed indicazioni. Invece è l’esempio che vale più di ogni altra cosa, vale perché è attuato, non perché è raccontato, lo stesso dicasi per altre comunicazioni.

È facilissimo dire la cosa sbagliata e produrre nel bambino/ragazzo un senso di squalifica, di svalutazione e di rifiuto, quindi occorre una strategia, anche perché molti comportamenti danneggianti trovano terreno fertile proprio nell’uso eccessivo delle parole, succede per quelli oppositivi e di sfida, che tra l’altro sono tipici in diversi momenti dell’età dello sviluppo, e succede per le difese legate all’ansia, alla vergogna e alla paura, come nel caso del mutismo selettivo.

Facciamo qualche esempio. Se stiamo camminando e al bambino cade il gelato e lui si mette a piangere, non affrettarsi a dire “non fa niente, tanto era finito” oppure “te ne compro un altro” o ancora “dai, su, guarda là, c’è…” nel tentativo di distrarlo, è invece molto meglio chinarsi alla sua altezza, assumere un’espressione dispiaciuta, accarezzargli la schiena e, appena lui sarà pronto, abbracciarlo per farlo sentire accolto e consolato in quella che per lui è stata una disgrazia. Se un bambino/ragazzo NON parla perché bloccato dalla sua ansia, non cercare di strappargli le parole con promesse di premi o minacce di punizioni, non cercare di manipolarlo, minimizzando quello che sta provando e sentendo, piuttosto sorridergli, rassicuralo che capite che per lui/lei è difficile, che andrà tutto bene e che rispetterete i suoi tempi e le sue paure. Fategli sentire che avete fiducia in lui e nella possibilità che si apra.

Quello che occorre tenere ben presente è che l’autostima può essere minata dalle parole sbagliate nel momento sbagliato, quindi occorre dosarle e ridurle, ricorrendo al linguaggio del corpo e dello spazio, che è forse meno acculturato, ma certamente più efficace. In questo caso il silenzio del mutismo smette di essere un problema e si trasforma nell’occasione d’imparare un altro modo di dirsi le cose. Quindi cari genitori attenti ai killer e continuate la caccia.

Alla prossima “pillola”, che sarà dedicata ai killer n. 4 e n. 5: le etichette e le sostituzioni.

Dr.ssa Paola Ancarani

Referente A.I.Mu.Se Calabria