“Accogliere”: l’educatore professionale nel mutismo selettivo
L’atteggiamento della famiglia, di fronte alla prima scoperta del mutismo selettivo, è spesso “medicalizzante”.
Si tende come prima strada a ricercare il supporto dello psicoterapeuta che ci possa indicare la via più efficace. È la strada più corretta, ma avere un’unica figura di riferimento potrebbe non bastare.
È abbastanza comune, infatti, che la famiglia di un bambino/ragazzo con mutismo selettivo, poiché particolarmente coinvolta emotivamente, tenda a proteggerlo in maniera eccessiva da quelle che sono le occasioni per mettersi alla prova nelle varie abilità sociali; o ancora, tenda a non avere chiaro quale sia l’atteggiamento più appropriato in una determinata situazione, trovandosi spesso combattuti fra il voler percorrere una certa strada e il timore di calcare troppo la mano, esponendo il bambino ad una emozione ancor più “congelante”.
Il turbine di emozioni porta spesso a perdere di vista o tralasciare inconsapevolmente alcuni momenti di “scambio” col mondo, apparentemente banali, ma di estremo valore per quello che è il potenziamento del senso dell’autostima e di autoefficacia nel ragazzo e di conseguenza l’abbassamento dei livelli d’ansia.
In questo contesto, la presenza costante dell’educatore professionale socio-pedagogico può essere di notevole sostegno alla famiglia che affronta un cammino con un componente che soffre di MS.
Questa figura professionale, seppur non raramente sottovalutata, lavorando in stretta sinergia con tutta la rete di riferimento, può fungere da ponte fra il ragazzo, la famiglia, il terapeuta e il mondo esterno, fornendo una vera e propria “cassetta degli attrezzi”, molto spesso anche in chiave ludica, per le più svariate situazioni di vita quotidiana che si possono presentare.
È qui che, l’educatore in accordo con lo psicoterapeuta, può intervenire affrontando sul campo la necessità dello sviluppo e potenziamento di quelle abilità sociali che permetteranno di sradicare piccoli meccanismi quotidiani che si possono rivelare deleteri se si perpetuassero nel tempo.
La famiglia, sollevata da alcuni compiti spesso gravosi, si sentirà agevolata nel ridurre i livelli d’ansia, sia del nucleo familiare che, di conseguenza, del ragazzo.
L’obiettivo dell’educatore non è infatti quello di far obbligatoriamente fuoriuscire le parole, ma quello di creare un ambiente favorevole affinché il bambino/ragazzo con MS, sentendosi a proprio agio, senta cadere piano piano quello sbarramento che, in condizioni di tensione, non permette al fiume (di parole) di fluire serenamente.
Tante sarebbero le attività da proporre, in funzione delle passioni, degli interessi dell’individuo, dell’età o del contesto.
Queste dovrebbero essere progettate, valutate e rimodulate in maniera continua e personalizzata a seconda dei casi, ma si vorrebbe innanzitutto focalizzare l’attenzione su quale sia il ruolo di fondo dell’educatore.
A C C O G L I E R E ! ! Questa è la parola chiave, quella che fa la differenza su tutta la costruzione della relazione educativa.
Chi di noi, di fronte ad una accoglienza autentica, non tende a dare qualcosa di sé stesso e a sciogliersi in quella relazione?
Il ruolo dell’educatore professionale sarà tanto più efficace nel rimuovere dall’ambiente gli ostacoli congelanti, quanto egli sarà in grado di mettersi in gioco in un continuo scambio di emozioni.
Dare e ricevere continuamente. Incontro/scambio continui.
Il ragazzo stesso riconoscerà in sé non più un individuo che necessita solo di ricevere aiuto, ma un elemento in grado di dare, in quello scambio circolare, da cui entrambi (educatore – utente) potranno imparare tanto venendone fuori cambiati, intimamente modificati.
Come sappiamo il percorso verso lo “scongelamento” è lungo e spesso doloroso, ma una buona EDUCAZIONE ALLE EMOZIONI, attraverso la figura dell’educatore professionale che si metterà in ascolto attivo (non necessariamente di parole ma di gesti, sguardi, movimenti), permetterà al ragazzo e alla famiglia di affrontare una strada tortuosa con un atteggiamento costruttivo.
Per descrivere il lento ma efficace atteggiamento di cura da parte dell’educatore, potremmo usare le parole di un noto scrittore caro a molti
“Se un giorno non avrai voglia di parlare con nessuno, chiamami; staremo in silenzio” (Gabriel García Márquez)
Anna Paola Pes, Educatore Professionale