Incontrarsi: l’importanza del corpo e del contatto nella relazione – di Michele, Gabriele e Chiara

Incontrarsi: l’importanza del corpo e del contatto nella relazione – di Michele, Gabriele e Chiara

In questo periodo di pandemia i corpi spesso sono stati sollecitati a “mettersi in gioco” in modi differenti: sullo schermo nelle videochiamate, distanziati e con bocca e naso coperti nei momenti in presenza. Il contatto fisico è il sistema sensoriale che ha maggiormente risentito del distanziamento imposto dal Covid-19: ci siamo disabituati a entrare in relazione con il corpo nostro e degli altri. Basti pensare alla sorpresa quando scopriamo l’intero volto dell’altro conosciuto solo con la mascherina o all’esitazione nei saluti con le persone a noi prossime. Per il nostro benessere psicofisico è fondamentale che il corpo ritrovi il suo ruolo, pur consapevoli delle restrizioni che ancora oggi la situazione sanitaria richiede.

Le neuroscienze ci ricordano insistentemente l’importanza del contatto tra i corpi come l’unico sistema sensoriale bidirezionale: non si può toccare senza essere toccati nello stesso istante. Inoltre, l’esperienza di prossimità che si concretizza tramite il contatto è multisensoriale, ovvero comprende il tocco, la temperatura, l’olfatto e la vista. Per questo le funzioni del contatto sono tantissime: regola la temperatura corporea, modula lo spazio intorno a noi, promuove l’attenzione verso l’ambiente, stabilisce e promuove il legame relazionale, aiuta a regolare le emozioni, permette di comunicare (Montirosso, 2020). Il “tocco” è quindi fondamentale nei nostri primi mesi di vita e continua ad esserlo anche quando siamo più grandi. Purtroppo, timori e abitudini culturali ci allontanano dall’attribuirgli la giusta importanza: può risultare scontato, ad esempio, che la mamma abbracci il suo bambino per consolarlo, ma in quel gesto si racchiude la costruzione del sé. La carezza della madre attraverso la percezione dei confini corporei consente al figlio di iniziare a percepirsi come essere distinto, di sentirsi come corpo investito di significati, come mente e quindi come soggetto. L’esperienza relazionale (l’intersoggettività) nasce quindi nel corpo e consente,a partire dalla costruzione del Sé corporeo, lo sviluppo del Sé psicologico (Montirosso, McGlone, 2020).

Dal punto di vista educativo il tocco interpersonale svolge due funzioni principali. In primo luogo, facilita la regolazione comportamentale: fa da guida, contiene la disregolazione emotiva (le emozioni intense) e consente di ottenere maggiore attenzione; in secondo luogo, alimenta e nutre la dimensione affettiva comunicando vicinanza e prossimità relazionale, gratificando e consentendo conforto e consolazione. Tornando all’attualità, gli insegnanti, gli educatori e più in generale gli adulti che hanno a che fare con i bambini con la pandemia hanno sperimentato comprensibilmente la pressione a a ridurre il contatto. Si è aggiunta la paura cieca del contagio. Diventa prioritario, allora, costruire occasioni di incontro in modo informale nel rispetto delle regole di prevenzione. In quanto il mancato utilizzo del tocco interpersonale toglie quell’ambiente umano che promuove salute, benessere, consapevolezza, competenza e valore personale.

Il primo passo è partire da noi, dalla nostra consapevolezza. Per prendere coscienza del nostro bisogno di corpo e di contatto nelle relazioni, per sentire che cosa succede del nostro ed altrui corpo nel momento in cui si avvicina e avviene l’incontro occorre creare esperienze di contatto, andare oltre a possibili imbarazzi e sostenere la nostra attenzione. Alcune domande possono essere utili a orientarci verso questo scopo:

  • Ho sperimentato di recente il tocco interpersonale (abbracciarsi, battere il cinque, stringere la mano, darsi “il gomito”, fare una carezza, dare un bacio ecc.)?
    • Che sensazioni ho provato?
    • Che rapporto ho con l’esperienza del toccare ed essere toccato?
    • In che modo uso il contatto fisico con gli altri?
    • C’è differenza tra come tocco gli oggetti, gli animali, le persone di diverse età?
    • Quando uso maggiormente il tocco o ne sento maggiormente il bisogno?
    • Cosa comunico tramite il mio tocco?

Ora, a partire da questa consapevolezza, ecco che allora possiamo imparare dai nostri bimbi e ragazzi momentaneamente silenziosi: molto spesso, infatti, la provvisoria assenza di parola comporta (e spesso aiuta) il dare spazio e voce al corpo e al contatto.

Diventa da subito evidente nell’incontro col silenzio imposto dall’ansia come il corpo sia un canale di comunicazione potente e alleato, sempre disponibile al contatto con tutte le sue sfumature e gradazioni. Esiste inizialmente un contatto invisibile che è fatto di corpi che pur non toccandosi danzano l’uno al ritmo dell’altro. I nostri bambini e ragazzi spesso ci richiedono col loro silenzio di rallentare e andare al loro ritmo, per aprirci alla consapevolezza di quello che provano quando gli incontriamo. Ed è così che sintonizzandoci l’un l’altro col corpo in movimento ci incontriamo, ci “tocchiamo”. Sentiamo di esserci capiti, riconosciuti. Allo stesso tempo, sperimentiamo con loro che da questa prima forma di contatto possiamo partire con fiducia per esplorare nuove possibilità e aperture. Ci muoviamo insieme, arriviamo a sperimentare il tocco interpersonale con gesti prima impossibili fino ad arrivare a toccarci tramite lo sguardo e il suono della voce. Perché sì… anche la voce è un modo di toccarsi, l’aria dalla bocca inizia a vibrare e il suo riverbero raggiunge nello spazio il timpano dell’orecchio trasformandosi in suoni, significati ed emozioni. È la meraviglia dello scoprirsi interconnessi e in relazione.

La lezione che i nostri ragazzi ci insegnano è che nella quotidianità non sempre siamo attenti a ciò che ci accade quando entriamo in connessione con gli altri. Siamo di fretta e spesso, soprattutto in questi tempi, ci siamo ridotti a sentirci, al massimo, “tranquilli” o “tesi”. Ma c’è molto di più. Soffermarci sulla nostra esperienza e ascoltare il corpo con curiosità potrebbe consentirci di “andare oltre”: si tratta di cogliere la possibilità di scoprire l’insieme variopinto e sinergico di sensazioni ed emozioni che danno vitalità e profondità al nostro presente. È proprio questa curiosità a dover essere sostenuta in noi e nei nostri ragazzi. L’opportunità di sperimentare il contatto con noi stessi e con gli altri sono rilevanti per dare pienezza e significato alle nostre relazioni. È l’importanza di “sentire e sentirci”.

Michele Monticelli – psicologo, membro del Comitato scientifico Aimuse

Gabriele Travagin – psicologo, membro del Comitato scientifico Aimuse

Chiara Barillà – esperta di mediazione linguistica, appassionata di incontri.