L’arte, uno strumento per aiutare il bambino con mutismo selettivo. Alcuni interventi e metodi – di Daniela Lavermicocca

L’arte, uno strumento per aiutare il bambino con mutismo selettivo. Alcuni interventi e metodi – di Daniela Lavermicocca

Il bambino con mutismo selettivo ha come base una forte difficoltà nel riuscire ad utilizzare la voce per comunicare con persone con le quali si sente a disagio, giudicato, inferiore.

I genitori si accorgono che il bambino presenta questo disagio nel momento in cui notano che il figlio non riesce a relazionarsi con gli estranei ma anche con alcune persone della famiglia. Nello specifico, la scuola diventa il luogo dove maggiormente soffrono questo forte blocco. I genitori notano il cambiamento immediato del figlio nel momento in cui superano la soglia di casa per dirigersi verso la scuola, in quanto inizia ad irrigidirsi, il suo sguardo si rabbuia e il silenzio diventa pesante.

Le mie esperienze con i bambini della fascia di età dei 2 e mezzo/3 anni, con MS e con le loro famiglie, sono state varie. Ogni mio intervento è quello di condurre il soggetto a vivere serenamente la relazione con me per aiutarlo a ridurre quello stato tensionale nei rapporti con gli altri.

I bambini di questa fascia di età, che si chiudono nel silenzio, non avendo ancora una conoscenza scrittoria, diventa unico modo per comunicare con loro ed entrare in sintonia, il corpo: cogliere dai loro sguardi quelle parole che vorrebbero dire; ascoltare nel silenzio tutte quelle storie che in quel momento non riescono a raccontare.

Ci sono bambini di questa fascia di età, che il primo giorno di incontro, si presentano nel mio studio sorridendo, anche se leggermente nascosti dietro la mamma e stringono la mano di quest’ultima quasi a stritolarla. Altri invece, li sento piangere da fuori, con il terrore di entrare, in quanto hanno paura che la mamma li lasci soli con me. I loro occhi chiusi, aggrappati al genitore, tremanti e rossi sul volto, tanto è lo sforzo che fanno nello stringerli.

Il mio intervento è rassicurarli che il papà o la mamma, saranno presenti per tutto il momento dell’incontro e che insieme giocheremo. Strutturo attività di vario genere, che vedono coinvolti i genitori nei primi incontri, successivamente anche i fratelli/sorelle, fino ad arrivare agli insegnanti e alcuni compagni.

Durante le attività, nella fase iniziale cerco di non essere sempre presente nella stanza, per rilassare il bambino, in modo da osservarlo da lontano giocare con il genitore o l’intermediario scelto. Nel momento in cui mi allontano, ascolto la voce del bambino, ascolto il modo di esprimersi, in modo da rendermi conto delle sue capacità elocutorie. Al mio ritorno nella stanza, propongo di prendere un foglio e di svolgere un disegno a piacere, guidati da una musica da me scelta: classica, moderna, canzoni di sigle dei cartoni. Con questa attività, riduco lo stato di tensione che blocca il bambino, guidandolo alla collaborazione. Ogni oggetto che il bambino porta con sé, che può essere un pupazzo, una spilla, un videogioco, diventa l’oggetto stimolo che mi aiuta ad introdurre le attività che faremo nell’ora che trascorrerà con me. Attraverso un pupazzo ho raccontato una storia sempre inerente alla difficoltà dei personaggi di parlare con gli altri, e della forza che hanno trovato per uscirne da quel blocco. Ogni attività si svolge per i primi incontri con alcuni componenti della famiglia, momenti importanti in quanto, tra me il bambino e i componenti della famiglia, si crea reciproca fiducia. Scopo di ogni attività è raggiungere quella forza interiore, attraverso la quale, il bambino osserva le sue capacità, acquista la fiducia in se stesso, acquista sicurezza. Quindi capire le proprie potenzialità per aumentare l’autostima. I bambini con mutismo selettivo hanno una bassa considerazione di sé; delle proprie capacità, pensano di essere inferiori a tutti, quindi il silenzio, diventa per loro lo scudo protettivo da ogni possibile “figuraccia” e di conseguenza nell’ambito scolastico, riescono ad evitare anche una possibile ripresa da parte dell’insegnante.

Le attività che vengono da me svolte per condurre il bambino a liberarsi da questo stato di oppressione, di soffocamento, di isolamento, sono rivolte a ridurre lo stato tensionale, lo stato di forte stress. Per ridurre questo stato, è importante imparare ad utilizzare il proprio respiro e la capacità di espressione artistica. Utilizzare l’arte della comunicazione Non Verbale nel momento iniziale, favorisce una coscienza propriocettiva e gestuale basata sui ritmi, sulla distribuzione della forza dei vari movimenti e della rapidità con cui si attuano. Diventa, quindi, uno strumento di risveglio nel soggetto di ogni opportunità comunicativa di sé, delle proprie emozioni, sentimenti e strumento di relazione interindividuale.

Per creare questa fuoriuscita dal blocco interiore che ha condotto questi bambini a soffocare la propria voce, per vari motivi, utilizzo i vari aspetti dell’arte. Essa è uno strumento di attività dinamico, con un ruolo vitale nel coltivare l’intelligenza razionale e intuitiva. Una valvola importante che regola i rapporti tra emozioni e capacità intellettuali che conducono il soggetto a riscoprire un altro modo di parlare. L’arte, strumento di espressività che fa da ponte tra le potenzialità profonde del bambino e il mondo sociale che lo circonda. Strumento importante, in quanto, attraverso le attività espressivo artistiche aiuto a mettere in luce e comunicare in modo Non Verbale, la realtà più profonda di ciascun soggetto. Nelle attività iniziali, in cui coinvolgo i genitori o uno solo, il bambino, lascia il suo segno grafico nell’ aria, su un foglio, sul proprio e il corpo altrui, il cui scopo, non è di interpretare, ma è uno strumento espressivo per far raggiungere al bambino una forza interiore, liberazione dai propri blocchi; aiutarlo a liberarsi dalla sua paura di utilizzare la voce. Queste attività aiutano il genitore che è partecipe, a comprendere quali atteggiamenti mettere in atto per non demoralizzare il bambino, quali parole utilizzare per incoraggiarlo; prende coscienza di alcuni atteggiamenti utilizzati che aumentano lo stato di chiusura del figlio. Soprattutto, aiutarlo ad osservare direttamente lo stato emotivo che vive il bambino di fronte a delle richieste, al dover affrontare una persona estranea, guidandolo a immedesimarsi nel figlio, comprendendo il forte stato di stress che vive nell’ambito scolastico.

Vorrei raccontare una delle esperienze vissute, in cui ho utilizzato l’arte grafica, quella con un bambino di 2 anni e mezzo di nome Antonio, i cui genitori, durante l’incontro di conoscenza della situazione vissuta dal bambino, mi hanno spiegato l’atteggiamento che il figlio assumeva nei vari contesti. In casa parlava, non tanto come il fratello gemello che era un “fiume in piena”; anche con i nonni e con alcuni zii materni parlava senza difficoltà, differente era l’atteggiamento nel momento in cui si presentavano gli zii paterni. In questa situazione il suo aspetto e atteggiamento, cambiavano letteralmente. Assumeva una postura rigida, non parlava più, rimaneva seduto vicino alla mamma e sembrava inespressivo. Nel momento in cui gli zii cercavano di rivolgergli la parola o ponevano domande, li fissava impaurito, cercando aiuto nei genitori o fratello.

Per cercare di sbloccare Antonio da questo silenzio e solitudine, i genitori decisero di portarlo ad un asilo nido insieme al fratello. Le maestre riferivano che, durante ogni attività, il bambino rimaneva lontano da tutti, non parlava, spesso si nascondeva dietro la porta della sezione; se sentiva lo stimolo di andare in andare in bagno, preferiva bagnarsi tutto ma non chiedere di uscire. Questo silenzio e immobilità, detto dal fratello, quest’ultimo molto aperto al dialogo, non veniva ben visto dalle maestre, le quali pensavano fosse solo un “bambino tremendo” e “viziato”, per questo lo sgridavano e lo mettevano in castigo. Questo atteggiamento delle insegnanti bloccava Antonio, il quale non andava volentieri a scuola, nel momento di uscire da casa urlava e doveva essere preso di peso.

Quando il bambino giunse presso il mio studio, non si distaccava dalla madre. Per creare una relazione con lui, osservai il suo sguardo e notai che i suoi occhi erano rivolti al canestro. Presi il pallone e iniziai a lanciarlo per fare centro; ma non riuscendo a fare canestro, suscitai l’attenzione del bambino, che iniziò ad avvicinarsi e a indicarmi il pallone. Antonio, comunicava con lo sguardo, ascoltava attentamente tutto quello che dicevo.

In un incontro presi dei colori e li posizionai di fronte a lui e alla mamma e chiesi di prendere un foglio, sul quale esprimersi liberamente, creare delle immagini a piacere. Il bambino disegnava cerchi, linee e all’orecchio della mamma le diceva che aveva disegnato la famiglia. In quel momento il bambino ha iniziato a rilassarsi e a guardarmi sorridendo. Insieme al disegno, ho associato anche la musica, quest’ultima lo rilassava tantissimo; essa era lo strumento che conduceva Antonio a segnare su un foglio appeso al muro delle linee liberamente, anche io facevo lo stesso su un altro foglio. Disegnavamo a ritmo di musica. Lui mi seguiva in ogni movimento. Metodo che conduce ad un rapporto simpatetico con il bambino, che lo ha aiutato a ridurre il forte stato tensionale. Il segnare delle linee libere senza essere sgridato, senza richiedere di parlare, lo rendeva felice, lo liberava, lo faceva essere se stesso. (segue nel prossimo numero)

Daniela Lavermicocca – pedagogista clinico, educatrice professionale, specialista della rete Aimuse