L’arte, uno strumento per aiutare il bambino con mutismo selettivo. Alcuni interventi e metodi – di Daniela Lavermicocca

L’arte, uno strumento per aiutare il bambino con mutismo selettivo. Alcuni interventi e metodi – di Daniela Lavermicocca

(segue dal numero precedente) Arte associata al respiro. Il bambino viene guidato a lasciare un segno grafico attraverso l’utilizzo del respiro, cioè svolgere movimenti di inspirazione ed espirazione, al momento dell’inspirare doveva prendere l’energia interiore che con l’espirazione veniva liberata utilizzando anche la mano per segnare sul foglio le linee, utilizzando un colore a sua scelta. Ad ogni colore associavo un’emozione e spiegavo al bambino che con il nero si indicava la tristezza, rosso rabbia, blu serenità, giallo felicità, verde voglia di parlare. Al bambino esprimevo il mio stato di gioia e tracciavo una linea con il colore giallo, poi rivolgendomi al bambino chiedevo: “Antonio cosa hai provato quando oggi sei stato sgridato dalla maestra?” e lui con il colore rosso e anche nero, mi esprimeva il suo stato d’animo. Dopo aver segnato il suo doloroso stato d’animo, seguiva il rilassamento attraverso sempre il respiro per aiutarlo ad eliminare questo stato emotivo. Si chiedeva al bambino, attraverso sempre il respiro, di inspirare e mentre espirava, di imprimere, un segno sul foglio, in modo da scaricare ogni tensione causata da una situazione spiacevole. La contrazione e la decontrazione muscolare aiutano a prendere coscienza di sé, della propria tensione, e a liberarsi da ogni blocco tensionale. Questo lo aiutava a scuola, per ridurre il suo stato di paura nel momento in cui entrava in sezione.

Questa attività si è svolta per vari incontri fino a quando con una esclamazione, che serviva da input per Antonio, dissi: “Come vorrei parlare!” Antonio di corsa si diresse verso i colori e prese il verde, che avevamo deciso essere il colore che indicava la voglia di parlare verbalmente. Notai il suo sguardo differente. Sorridendo, andò verso la lavagna e iniziò a disegnare tanti cerchi con il verde. Compresi che era arrivato il momento di utilizzare associato al segno grafico dei suoni vocali, in modo che anche lui mi seguisse allo stesso modo. Iniziai a inspirare e quando espiravo segnavo sul foglio una linea tracciata attraverso l’emissione di un suono, per es. una vocale, una nota. In quel momento sentii che anche Antonio riuscì a liberare la sua voce pronunciando il suono ascoltato. Il respiro, il segno grafico, hanno in lui creato quella forza che lo ha liberato dal silenzio. Da quel momento con me ha parlato liberamente. Dopo vari incontri ho effettuato dei progetti nella nuova scuola che è servito, con l’aiuto attivo delle docenti, ad aiutare il bambino a parlare. Questo passo di apertura con le insegnanti e con i compagni, è stato lo slancio per aprirsi anche con gli altri componenti della famiglia.

L’utilizzo dell’arte grafica legata al respiro diventa una simbiosi di ricerca di calma interiore, coraggio, forza e rappresentazione delle proprie emozioni inespresse, fino a raggiungere l’esternazione attraverso la voce. Prendere coscienza di quello che mi fa paura, per vincerlo e per distruggerlo.

Il dialogo corporeo, il detto attraverso il non detto, colto dal proprio corpo per giungere alla forza di sé, per arrivare al dire attraverso la propria voce, attraverso un corpo sereno, rilassato privo da ogni blocco tensionale.

Il dialogo con il bambino, attraverso l’utilizzo di mezzi che ci permettono di comunicare, come il lasciare il segno nella sabbia. Esperienza vissuta con i bambini, che aiuta attraverso la tattilità, la contrazione e decontrazione muscolare, a promuovere la ricerca di un contatto per conoscersi attraverso un mezzo che è la sabbia, nella quale lascio un segno per parlare di me, acquisendo un benessere fisico e psichico, distruggendo quel muro che mi blocca nelle relazioni con il mondo che mi circonda. Un mezzo attraverso il quale esplorare il proprio corpo, riscoprire nel piacere la propria topografia corporea, sentire una forza interiore che mi aiuta a vincere la paura di parlare e a spingermi verso l’alto, che fa uscire quel suono che mi permette di comunicare.

Una bambina di 3 anni di nome Alessandra, rigida nei movimenti, un volto teso, occhi che volevano chiedere aiuto per scappare da quell’imbarazzo. A scuola rimaneva sempre in un angolo, l’insegnante quando la spostava, mi ha riferito che sembrava un manichino, tremava in continuazione, viveva sempre in uno stato di forte tensione. Nel contesto scuola rimaneva sempre isolata, nessun bambino le si avvicinava perché ad ogni domanda non rispondeva, rimaneva impassibile. Inizialmente, anche con me rimaneva rigida, si posizionava vicino alla porta di uscita, in attesa che qualcuno la portasse via. Per vari incontri, ho attirato la sua attenzione su un pupazzo che aveva con sé, Hello Kitty. Iniziai, senza toccare il pupazzo, a farla parlare, raccontando storie varie sulle paure che hanno sia adulti che bambini; lei sempre rimanendo in piedi ascoltava con interesse. Avevo bicchieri per bambole, il set per cucina, presi un altro pupazzo e invitai Hello Kitty, a prendersi il latte caldo con i biscotti, in quel momento vidi Alessandra avvicinarsi e notai il suo corpo rilassarsi. In quel momento il suo modo di comunicare con me è stato attraverso il suo sguardo, in quanto, mi rispondeva con il battere delle ciglia, o per mezzo del battito delle mani. Con lei ho utilizzato lo strumento della sabbia, per ridurre sempre di più il suo stato tensionale, ricevere risposte attraverso il disegnare con questo mezzo tanto amato dai bambini.

Posizionandomi di fronte alla bambina, al centro il contenitore della sabbia, abbiamo iniziato attraverso il ritmo della musica a muovere liberamente le mani nella sabbiera, muovendo le mani che ogni tanto si incontravano, aspettando sempre che lei fosse la prima ad effettuare il tocco, che di conseguenza portava le mie mani a toccarle le dita.

Questo permetteva di creare un forte legame di fiducia con la piccola. Dopo il primo intervento, che aveva lo scopo di creare una relazione confidenziale con me e con la sabbia, ho iniziato a chiederle di disegnare qualsiasi cosa le venisse in mente. I suoi disegni erano volti senza bocca, visi con le lacrime. Da parte mia iniziai a disegnare due volti, uno triste e uno allegro, dicendo: Io sono allegra e Alessandra come sarà? Ecco che la bambina con il suo dito mi indica il faccino triste. Il mio discorso: Tutti in alcuni momenti siamo tristi e come mai una bambina è triste?” Ecco che vedo cancellare la bocca sul volto disegnato. Continuando il discorso, chiesi: “Perché è stata cancellata la bocca, non ti piace come l’ho disegnata o perché hai paura di parlare ma non riesci? “ E vidi il volto di Alessandra illuminarsi, gli occhi mi guardavano allegra e con il capo accennò il Sì.

La sabbia mi ha permesso di entrare in un legame simpatetico con la bambina, attraverso la pressione che si imprimeva in essa, ho lavorato sullo stato tensionale, quindi la contrazione e decontrazione muscolare, unita anche al respiro che ha permesso di eliminare la rigidità corporale; esprimere le proprie emozioni attraverso il disegnare sulla sabbia per raccontare e raccontarsi. In altri incontri, ho unito l’utilizzo della pressione sulla sabbia con l’emissione di suoni. La bambina con la mano spingeva sulla sabbia e muoveva le labbra senza emettere suoni. Dopo parecchi incontri, iniziò a bassa voce a far uscire delle parole fino a parlare con me. In attività successive furono svolti incontri con le insegnanti della scuola e insieme giocavano con la sabbia seguendo alcune mie indicazioni. Strumento molto utile per la piccola, perché le ha dato la forza di riuscire a liberarsi da quella chiusura parlando con le insegnanti e poi con i compagni. Unito al segno grafico impresso sulla sabbia, si è richiesto anche alla bambina di riprodurre l’immagine che aveva creato nell’aria, usando il dito come matita, rendendo il disegno a dimensione umana, attraverso l’immaginazione. Questo ha permesso di proiettare attraverso la fantasia l’immagine che il bambino ha rappresentato sulla sabbia, poi in aria e successivamente sul foglio. Attraverso questo lavoro il bambino con mutismo selettivo riesce a liberarsi da tante tensioni, a dare libertà ai propri pensieri di paura eliminando l’ansia che attanaglia la sua voce. Questo intervento crea nel soggetto un forte stato di calma, una forza interiore, che diventa lo strumento per condurlo gradualmente alla voce. I mezzi artistici utilizzano l’elemento base di un bambino, la creatività e la fantasia. Questo gli dà la possibilità di esprimersi senza dover parlare, creando quel rapporto fondamentale che lo aiuta ad acquisire sicurezza; a comprendere in quale modo deve affrontare questa sofferenza interiore. Scoprire il proprio sé, le proprie capacità, il proprio valore, senza sentirsi inferiore agli altri. Il bambino scopre serenamente che l’altro non gli fa paura ma che ha voglia di ascoltarlo senza giudicarlo. I vari aspetti dell’arte diventano strumenti importanti per esprimere le paure, i blocchi, per arrivare a sconfiggerli; per acquisire quella sicurezza, che conduce alla libertà di parlare. Le parole arrivano successivamente, ciò che è importante con un bambino con mutismo selettivo è creare le basi di fiducia, creare un dialogo non verbale che permette di comprendersi attraverso gli sguardi, il corpo. Essere in grado di ascoltare il silenzio di sofferenza. Entrando in sintonia con il mondo di silenzio del bambino, si riuscirà a guidarlo verso un cammino interiore, di scoperta del proprio valore, libero da ogni difficoltà, per liberare quella voce che era stata rinchiusa in una gabbia, per paura di farla ascoltare liberamente. L’arte come scrive John Dewey è il più efficace modo di comunicazione, esprimersi nel silenzio per arrivare ad esternare il non detto. La voce arriva quando termina lo stato di paura.

Daniela Lavermicocca – pedagogista clinico, educatrice professionale, specialista della rete Aimuse