Mutismo selettivo, autismo o entrambi?

Mutismo selettivo, autismo o entrambi?

Pochi studi hanno esplorato la relazione tra disturbi dello spettro autistico (ASD) e mutismo selettivo (SM) e se in passato si tendeva a distinguerli in maniera netta, escludendone la coesistenza nello stesso individuo, oggi invece è diventato sempre più frequente parlare di comorbilità. Il focus della discussione si è dunque posto sull’ultimo criterio diagnostico del DSM 5 TR.

Si è parlato proprio di questo argomento lo scorso ottobre, nel corso della conferenza internazionale della SMA (Selective Mutism Association), durante la quale un team di specialisti (Rachel Busman, Steven Kurtz, Brenda Ray, Kendra Read e Tracey Ward) hanno presentato la relazione dal titolo: “This? That? Neither? Both? Helping Providers Differentiate SM, Autism and other diagnoses” (“Questo? Quello? Nessuno dei due? Entrambi? Un aiuto agli operatori per distinguere Mutismo Selettivo, Autismo e altre Diagnosi”).

Citando lo studio del 2009 a firma di White e collaboratori, i relatori hanno affermato che i tassi di disturbi d’ansia per i bambini con disturbi dello spettro autistico variano tra l’11% e l’84%, rendendolo un problema comune di comorbilità per questi giovani . Più recentemente uno studio retrospettivo condotto presso una clinica svedese specializzata in ASD (Steffenburg, Steffenburg, Gillberg, & Billstedt, 2018) ha individuato un numero rilevante di casi di comorbilità tra MS e ASD.

Questi dati sottolineano quanto sia diventato fondamentale migliorare la concettualizzazione clinica e le procedure di valutazione dei soggetti che presentano sintomi sovrapposti, in modo da fornire una diagnosi accurata e di conseguenza un trattamento che sia davvero appropriato.

Il mutismo selettivo è un disturbo complesso, perché in aggiunta a ciò che lo contraddistingue (ad esempio fattori genetici relativi all’ansia e fattori di stress ambientale) ci sono altre componenti che lo rendono più difficile da decifrare, ad esempio:

  • la sensibilità alle interazioni verbali,
  • un’attività uditiva anormale (iper o ipo sensibilità ai suoni),
  • disturbi della comunicazione,

ed è risaputo che c’è un più alto tasso di individui bilingui o che provengono da famiglie bilingui. Quindi quando ci si trova di fronte ad un bambino/adolescente con mutismo selettivo che presenta tali caratteristiche, proprio questi aspetti inducono a pensare a diagnosi differenti.

Per quanto riguarda l’autismo sappiamo che è un disturbo dello sviluppo neurologico, che ha il suo esordio nei primi 3 anni di età, dura tutta la vita e coinvolge le aree del linguaggio e della comunicazione, l’interazione sociale ed è caratterizzato da interessi ristretti e ripetitivi (stereotipati). Andando a declinare i punti che concorrono a definire l’autismo, i deficit nel linguaggio e nella comunicazione sociale possono includere difficoltà con il contatto visivo (che si tratti di un contatto visivo intenso o incoerente o di un contatto visivo evitante), difficoltà a iniziare e mantenere conversazioni, difficoltà ad instaurare nuove amicizie o a mantenerle, difficoltà a comprendere i segnali sociali. Nella categoria relativa agli interessi ristretti e ripetitivi possiamo invece includere interessi intensi o  preoccupazioni insolite per cose specifiche, movimenti ripetitivi del corpo, rigidità e la presenza di un sistema sensoriale compromesso che porta l’individuo ad essere ipersensibile o iposensibile o una combinazione di entrambi.

Per spiegare la comorbilità tra MS e ASD la Dott.ssa Tracey Ward utilizza il seguente diagramma, affermando che poter diagnosticare tale comorbilità è necessario che ci sia una sovrapposizione tra queste due sfere.

Diagnosticare l’autismo in un individuo con mutismo selettivo è abbastanza difficile, e gran parte della ragione deriva proprio dal fatto che esiste una sovrapposizione, in particolare per ciò che riguarda gli aspetti della comunicazione sociale e della compromissione del funzionamento adattivo. Tanto nel caso del ASD che nel caso del MS ci sono difficoltà nel comportamento sociale e funzionale al di fuori del contesto domestico, inclusa l’espressione di bisogni e desideri quando è necessario, nonché il mettersi in relazione con i pari e altri individui nella società.

Proprio per via delle analogie comportamentali tra soggetti con MS e con ASD, per uno specialista è difficile fare una valutazione corretta, a maggior ragione se lo specialista ha familiarità con l’autismo, ma non ha mai avuto casi di mutismo selettivo; in tali situazioni infatti può incontrare difficoltà ancora più elevate nel riconoscere il disturbo, poiché a causa dell’ansia il soggetto MS non riesce ad instaurare un contatto visivo, una conversazione o una comunicazione reciproca, tutte cose che fanno pensare di avere davanti un soggetto ASD. I bambini e ragazzi con MS parlano di solito solo ai loro caregivers principali o a specifiche persone, mentre è poco probabile che parlino ad una persona sconosciuta (per esempio uno specialista), inoltre i ragazzi più grandi con MS persistente, spesso presentano altre comorbilità e deficit sociali, che vanno ulteriormente a complicare il quadro diagnostico.

Dunque quali elementi considerare per fare una diagnosi differenziale?

Innanzitutto assume un’importanza enorme la ricostruzione dettagliata della storia diagnostica; essa può infatti rivelare dettagli chiarificatori sullo sviluppo, quali, ad esempio, ritardi motori, nel linguaggio o in altre aree, comportamenti ripetitivi, persistenti deficit di competenze sociali in diversi ambienti. È altresì essenziale farsi raccontare come la persona si comporta con il suo caregiver a casa e a scuola, per rilevare quelle informazioni discriminanti che permettono di cominciare a rispondere alla domanda Questo? Quello? Nessuno dei due? Entrambi? Un altro indicatore di rilievo è la lentezza di risposta del trattamento del MS: può darsi che ci si trovi di fronte a barriere, il trattamento può essere più lento o altalenante nella risposta, piuttosto che avere una progressione stabile, emerge così un altro tassello utile a rispondere al suddetto quesito. Infine occorre soffermarsi sulla severità dei sintomi: la persistenza di deficit nella produzione verbale nei bambini più grandi, negli adolescenti e nei giovani adulti, nonché deficit delle competenze sociali e dello sviluppo, che si manifestano con l’aumento delle richieste sociali all’aumentare dell’età. Anche in questo ambito si possono trovare ulteriori elementi per orientarsi nella valutazione specialistica, sempre tenendo presenti due elementi umani che non vanno mai dimenticati: la paura dei genitori che rende le informazioni preziose, ma anche da contestualizzare con accortezza e per gli specialisti la possibilità di innamorarsi della propria diagnosi, cosa che non di rado conduce a cercare conferma di ciò che si pensa, anziché raccogliere e considerare tutti i dati, anche cambiando la propria valutazione, del resto è più importante avere ragione o la cura di chi soffre?