Movimento e parola – di Emanuela Iacchia
Innumerevoli studi hanno dimostrato la centralità del gesto nello sviluppo delle abilità linguistiche, confermando la correlazione tra linguaggio e movimento. L’attività motoria infatti non è affatto estranea all’attività del pensare e del parlare, ma è strettamente connessa ad esse. Con la scoperta dei “neuroni specchio”, Rizzolati afferma che la capacità di organizzare la produzione e l’emissione di suoni o il compimento di una serie di gesti a scopo comunicativo si sarebbe sviluppata partendo da operazioni del campo manuale. In altre parole, la gesticolazione fa parte della comunicazione: dal desiderio dapprima di imitare i gesti, si passa a trasferire l’imitazione sul piano del verbale. Lo stesso sviluppo del linguaggio infantile segue in sequenza le stesse modalità: dapprima il bambino indica con il movimento delle mani un oggetto, ad esempio il bicchiere se ha sete, ma poi è il linguaggio verbale che viene usato per esprimere il bisogno di bere.
L’ipotesi sull’origine motoria del linguaggio esce rafforzata dalla constatazione che la cosiddetta area di Broca, nel cervello umano, implicata nella produzione del linguaggio, ha due scopi principali: da una parte serve alla produzione del linguaggio, dall’altra serve a compiere delle azioni motorie e più in particolare comunicare con le mani.
Dall’uso delle mani ha avuto inizio lo sviluppo di quelle parti del cervello che saranno utilizzate successivamente dal genere umano per operazioni fondamentali della mente come comprendere, ricordare, progettare, distinguere, analizzare e sintetizzare. Tutte operazioni che nascono e si sviluppano grazie all’uso comunicativo del linguaggio.
I gesti delle mani servono a realizzare ciò che immaginiamo e in effetti, mentre parliamo, spesso le usiamo per costruire intorno a noi ciò che stiamo descrivendo. Confrontando bambini che fin da piccoli hanno suonato uno strumento musicale o compiuto attività manuali con altri bambini che non hanno mai eseguito queste attività, si è scoperto che nei primi i collegamenti neuronali erano maggiori. Aristotele scriveva che le mani sono il prolungamento del cervello. Nell’area di Broca si sovrappongono, perciò, due importanti funzioni: il controllo dei movimenti di precisione in cui sono implicate le mani e il linguaggio verbale. Detto in altri termini, il parlare è un fare, anche su un piano biologico. Anche nelle persone anziane, le attività manuali permettono di conservare una maggiore lucidità mentale.
La stretta relazione tra movimento delle mani e produzione del linguaggio offre nuove riflessioni su alcuni aspetti essenziali di sblocco e di potenziamento del linguaggio verbale nei nostri bambini o ragazzi che soffrono di mutismo selettivo. Tutti noi, quando siamo a nostro agio, abbiamo i movimenti delle mani che tendono ad essere più ampi e frequenti mentre quando siamo in tensione la nostra gestualità tende a diminuire. Il movimento delle mani, il linguaggio e l’ansia sono molto correlati tra di loro.
Il movimento abbassa l’ansia. È quasi un assioma nel lavoro con il mutismo selettivo. E allora è molto più efficace proporre i giochi verbali solo dopo che i bambini o gli adolescenti hanno fatto attività in cui si sono “scalmanati” e divertiti. Anche la musica abbassa l’ansia, al pari dei momenti di svago come ad esempio far finta di suonare uno strumento con le mani ed emettere contemporaneamente il suo suono o passarsi una palla e contare i palleggi. Per le adolescenti colorarsi le unghie è sempre ben apprezzato. Un gioco che a me piace particolarmente è quello delle marionette, perché ha un duplice valore terapeutico oltre ad essere divertente e flessibile. Infatti, se da un lato attraverso il movimento delle mani vengono stimolate le aree cerebrali del linguaggio, dall’altro far muovere un personaggio nella storia, dargli vita e non essere più esposti in prima persona, abbassa l’ansia e fa emergere il verbale.
Emanuela Iacchia – psicologa e psicoterapeuta, direttore del Comitato scientifico Aimuse