Intervista alla Dott.ssa Emanuela Iacchia

Intervista alla Dott.sa Emanuela Iacchia, membro del Comitato Scientifico di A.I.Mu.Se., psicologa e psicoterapeuta di Medici in Famiglia, Milano.
Docente al corso A.I.Mu.Se per specialisti tenutosi a Roma.

Buongiorno Dottoressa Iacchia, grazie per la sua gentilissima disponibilità! Lei è membro del comitato scientifico A.I.Mu.Se ed è stata docente al corso di Roma, i suoi interventi sono stati davvero molto citati dai partecipanti per il loro aspetto pratico e operativo, molto vicino alla realtà quotidiana che si trovano ad affrontare.
Io vorrei chiederle: cos’è stato il corso per lei? Cos’ha significato essere lì?

Essere docente al corso organizzato da A.I.Mu.Se. è stata per me una grande, grandissima emozione! Provavo un senso di responsabilità molto forte perché il mio desiderio era poter trasmettere e “passare” a chi avevo davanti un pezzetto di me, del mio lavoro, della mia storia in studio, in terapia residenziale, con i bambini e con le famiglie. Fare in modo che i colleghi presenti potessero uscire da quei due giorni con la convinzione che i bambini con mutismo selettivo non debbano mettere in difficoltà il professionista, ma è possibile attuare un intervento efficace per aiutali ad uscire dal silenzio. Un percorso terapeutico che deve essere iniziato il prima possibile e con le strategie giuste per permettere di accelerare il percorso verso la parola.

Se possiamo far superare il mutismo selettivo a un bimbo di sei anni, perché aspettare ne abbia sedici, per esempio?

Ho provato una grandissima gioia per aver realizzato con A.I.Mu.Se. queste giornate.
La prima cosa che ho detto ad Elisa (ndr. Marchio, presidente) al termine del corso è stata: “secondo me è andata bene perché tutti mi hanno baciata!”
A fine corso infatti i partecipanti all’evento mi si sono avvicinati, mi hanno abbracciata e baciata ed eravamo tutti davvero contenti.
La stanchezza, la preoccupazione e la tensione sono state ben compensate dalla sensazione di essere insieme, una “famiglia”. Sentirmi “in famiglia”, mi ha dato molta forza. Mi sono sentita parte di qualcosa di grande e di vivo, dove ciascuno fa il suo pezzettino, ma insieme agli altri. Ecco, questo è proprio il clima che si è respirato al corso, quello rimandatoci da tutti i colleghi che hanno partecipato: siamo una bella famiglia.

– Una delle cose che ha più colpito i partecipanti è stata la strategia del fare gli “sbadati”, i “finti tonti”, davvero funziona?

Sì, perché essere dei “terapeuti imperfetti”, sbagliare volontariamente, durante il gioco, un nome o una definizione, dimenticarsi di qualcosa che il bambino invece sa, abbassa in lui l’ansia da prestazione e spesso lo stimola a dare la correzione spontaneamente, in un contesto in cui può abbandonare la paura. L’urgenza di correggere l’interlocutore o di aiutarlo, lo spinge spesso a tirar fuori la voce.
Poi… a me viene piuttosto facile, non mi devo neanche impegnare troppo!

– Quale feedback ha avuto dai partecipanti, nei giorni successivi?

Molti professionisti mi hanno contattata, chiamata per chiedere e raccontare la propria esperienza. Sa cosa mi ha colpita di più? Che alcuni mi hanno raccontato anche quelli che consideravano loro errori. Questo è stato proprio bello perché mi ha fatto capire che è passata l’idea del non giudizio, si sono fidati di me.
Abbandonare il giudizio e la critica è quello che noi dobbiamo fare con i nostri bambini e i nostri adolescenti: l’accoglienza deve essere il nostro “modo di lavoro” con loro, con i genitori, la scuola e tra di noi.

– Quindi, Dottoressa, le parole chiave sono: fiducia, accoglienza e non giudizio. Queste tre cose servirebbero tanto ai genitori, come possiamo trasmetterle? Come convincere un genitore ad essere positivo?

Noi siamo bravi professionisti quando creiamo ponti e relazioni, quando lavoriamo in equipe con scuola, famiglia e tutti gli ambienti che il bambino o il ragazzo frequentano (sport, oratorio ecc). Da soli non possiamo lavorare. Dobbiamo essere vicini ai genitori, ricordare a loro e a chi lavora con chi soffre di mutismo selettivo, la potenza che possono avere i neuroni specchio per creare empatia tra le persone. Se il genitore passa al figlio, in un discorso intimo e profondo, la sua fiducia in lui, il piccolo o l’adolescente si sentiranno più forti e più sicuri.

Ai genitori consiglio di avere tanta pazienza, di fare rete e non isolarsi, di confrontarsi e creare relazione con altri genitori di bambini con mutismo selettivo, di scrivere all’associazione, chiedere consiglio, aiuto e non chiudersi mai per poter trovare la fiducia e trasmetterla ai figli.
Ricordiamoci sempre che chi soffre di MS è più sensibile al non detto che al detto e ha una grande capacità di comprendere i segnali non verbali, che siano allora essi sempre orientati a dar loro fiducia e sicurezza.