Una vita da “diverso”
Ho 25 anni e una vita da “diverso”.
Sembrerebbe un’offesa, per me invece è un pregio. Ho trascorso il mio primo quarto di secolo ad osservare in silenzio le fragilità altrui, attribuite continuamente a me.
Sei un bambino fragile. Hai perso la lingua? Perché non vuoi parlare? Mah, avrà qualche ritardo…Perché sei così arrogante? Sono solo pochissime delle tante frasi che ho imparato a non ascoltare nel vasto panorama di adulti certi di poter capire cosa pensavo e chi ero. Tutti ad agitarsi, a cercare soluzioni, frenetici di risposte e strategie, ma chi le ha chieste? Chi vi ha chiesto di preoccuparvi per me? Io non sono mai stato preoccupato, sapevo esattamente chi ero, chi sono e chi sarò.
Il mio problema si chiama mutismo selettivo, ma non è un problema, è una mia caratteristica, una mia personale paura che mi piacerebbe poter affrontare a modo mio.
Alcuni urlano, altri parlano, certi hanno gli occhi azzurri, altri neri e io, a volte, non riesco a parlare. Quindi? Posso essere libero di non sentirmi a mio agio? O devo sempre sentirmi obbligato ad offrire a tutti le mie parole, le mie emozioni, parti di me solo perché se le aspettano?
Dicono sia un disturbo d’ansia, ma l’ansia di chi? La mia o di tutte le persone impegnate a cercare di far uscire le mie parole? Non sono un sovversivo. Avrei voluto solo essere accettato per quel che sono. Con la libertà di esprimermi o non esprimermi in base al mio grado di serenità o disagio.
Quando ero piccolo sognavo di essere invisibile. Invece, più si prolungava il mio silenzio, più mi sentivo addosso la pressione di tutti. Ho imparato molto in fretta a capire che gli adulti si facevano un’idea di me, spesso completamente errata, e non cambiavano più opinione. Nessuno mio sforzo o impegno serviva più a niente, ero entrato nel loro ruolo (non nel mio) e non potevo più uscirne.
A quel punto non mi interessava più interagire con loro, non erano interessati a capirmi, solo a “sbloccarmi”. Sbloccarmi da cosa poi? Da me stesso?
A volte, solo per non avere pressioni, avrei voluto essere come tutti gli altri, spavaldo, chiacchierone, propositivo. Ma non sono mai riuscito a violare la mia vera natura. Non sono riuscito a mentire a me stesso.
Il tempo è trascorso e ho trovato nelle mie passioni la mia dimensione di vita. La vita all’aria aperta, gli animali, il sole, la pioggia, la bellezza della terra, sono state le mie compagnie più fedeli.
Nessun animale mi ha mai chiesto perché non parlavo, mi hanno accettato, questo mi basta.
Con la crescita la mia paura è diminuita e ora l’interazione con gli altri è spontanea, ma ancora persiste il mio carattere. Ad esempio, in presenza di emozioni forti, dolore, rabbia, felicità, continuo a rifugiarmi dentro me e non riesco a far uscire le parole. Dopo passa.
Quel che posso dire a chi sta accanto a bambini o ragazzi con mutismo selettivo è di imparare ad accettarli per come sono, senza cambiarli. Parlare sarà più semplice se non si percepisce che chi ci circonda vorrebbe altro da noi, vorrebbe vederci uguali agli altri.
Non siamo fragili, siamo noi.
V.